domenica 18 marzo 2007

agricoltura,occupazione,cooperazione e disperazione a noio

Noio come tutto il meridione, è afflitto dal problema della disoccupazione.
L’ imprenditoria privata non esiste. I futuri posti pubblici sono già stati assegnati, 35 anni fa, dagli onorevoli e dirigenti di partito, attraverso metodi clientelari, ai vari attivisti locali.
Ai pochi giovani “Signor Nessuno” non rimane altra scelta se non quella dell’ emigrazione (si parlerebbe in questo caso di evasione?), oppure di lavorare o sublavorare in nero presso i vari muratori/proprietaridipesche/attivitàcommerciali/ecc…
Come quasi per tutta la Sicilia la vocazione commerciale di Noio risiede nell’ agricoltura, ed in particolare nella produzione della pesca. In specifico ciò vuol dire: dai produttori e proprietari terrieri nel mese di maggio, giugno o luglio si presentano dei grossisti che fanno il bello e il cattivo tempo (comunque più il secondo che il primo); per i giovani, e non più giovani, impiegati/schiavizzati, 35 o 40 € al giorno ovviamente in nero e se si fanno male cazzi loro, se si ammalano cazzi loro, se litigano col padrone cazzi loro, se vengono licenziati cazzi loro,e se si rivolgono ai sindacati… vabbè, era una battuta.
Da tanti anni aleggia nell’ aria un’ idea… LA COOPERATIVA!!
I proprietari di peschieti dovrebbero,o potrebbero (vorrebbero??) mettere in comune la gestione delle loro terre ai fini di uno sviluppo sostenibile ed equamente distribuito.
Ciò verrebbe a dire:
-nessuno che lavora in nero “a cogghiri pessica”;
-potenziale aumento degli occupati nel settore;
-razionalizzazione degli sprechi;
-socializzazione degli utili;
-superamento dei modelli obsoleti di gestione e commercializzazione del prodotto;
- la possibilità di essere immuni alle instabilità del mercato e fronteggiare la concorrenza dei grossisti che in questi anni si sono pappati la parte migliore della torta;
-( un piano quinquennale e la stabilità ?!);
-ecc., ecc., ecc.,(non me ne intendo di pesche).
Forse perché non c’è stato nessuno che dall’ alto ha guidato questo processo, o forse perché non ci sono state proposte convinte e convincenti da parte dei produttori , finora il tema è rimasto uno dei soliti discorsi di piazza, mai realizzato o dibattuto con serietà ed in maniera oggettiva.
Non so se la cooperativa potrebbe essere un vero volano di sviluppo o uno specchietto per le allodole, oppure una cazzata che in questo momento sto sparando io. Ma perché non si cerca in maniera seria e serena di approfondire l’ argomento? Oppure vogliamo continuare ad autocelebrarci ogni anno la tradizionale sagra delle pesche, tappandoci gli occhi dinanzi al fatto che non c’è più nulla da festeggiare?
Nel dubbio lascio alcuni versi realizzati in collaborazione con Jacques Prevert, poeta francese nato a Neuilly sur Seine nel 1900 e morto nel 1977 a Parigi (non sono matto, secondo le regole della poesia democratica i versi non sono di chi li fa ma di chi ne ha di bisogno, quindi…):

Davanti al cancello del peschieto mojese
L’ operaio-bracciante (in nero) s'arresta di scatto
Il bel tempo l'ha tirato per la canottiera
E come egli si volta
E osserva il sole
Tutto rosso tutto tondo
Sorridente nel suo cielo alcantarino e cristallino
E strizza l'occhio
Familiarmente
Su dimmi compagno Sole
Forse non trovi
Che è piuttosto una coglionata
Offrire una simile giornata
A un padrone?

10 commenti:

Anonimo ha detto...

salve,
ho scoperto per caso questo blog mentre ero a caccia di notizie e immagini di francavilla mio paese d'origine...
l'anno scorso dopo tanti anni ho fatto un giro nell'amata terra che ho lasciato all'età di 14 anni per intraprendere il mio destino altrove...
nel leggere quanto esposto nel blog vengo assalito ed attanagliato da ricordi piacevoli che mi riportano ad una infanzia vissuta in una terra unica e speciale, ma anche se abitata da persone con altissime qualità si porta ancora sulle spalle le pesanti contraddizioni del nostro sud - l'orchestra suona sempre la stessa musica ma i suonatori, sempre entusiasti, alla fine rimangono esausti e senza fiato...
E chi sta al potere locale sa benissimo che poco si può fare di fronte alle problematiche da sempre irrisolte...
Allora cosa si può fare?
tutto e niente si può fare...
intanto bisogna dare visibilità a questo blog...continuare a scrivere SEMPRE..idee, proposte..coinvolgere tutta la comunità...
stampare e distribuire i contenuti ai paesani, essere propositivi....invitare l'utenza a frequentare il blog e a lasciare commenti, ancora... fare un sito per scopi turistici per dare piu' visibilità in internet al paese ed alla sue problematiche, agganciare questo blog e link di siti amici...così pian piano si cresce e si può fare opinione!

Basta iniziare - auguri

francesco greco

Anonimo ha detto...

dimenticavo..
per il blog vi consiglio questo:

http://www.dblog.it/sito/mappa_italiano.asp

gira veloce ed è fantastico...

per lo spazio web per il sito se non volete acquistarlo per 26 euro l'anno su aruba.it utilizzate altervista.org

molay ha detto...

Un ringraziamento a Francesco per i suoi preziosi consigli ed un invito a contribuire a rendere il blog sempre più ricco di opinioni e contenuti.

molay ha detto...

La commercializzazione delle pesche a Moio, secondo le ragole tradizionali, ha portato ricchezza e benessere per 30 anni. Poi i tempi sono cambiati ma la commecializzazione ha continuato seguito le consuete regole, ormai trapassate (in ogni senso). Ora si tratta di svegliare un morto. Non mi sembra un'impresa da poco. Nessuno ci ha provato. Fin'ora.

peppe b ha detto...

Anche io ringrazio Francesco per i suoi suggerimenti e per i suoi spunti di riflessione.
Il blog non è nato da un’ idea di promozione turistica del posto, almeno spero. Il movente di fondo era, più che altro, aprire uno spazio di dibattito, virtuale, sulle condizioni attuali del paese e della zona. Non vuole essere una iniziativa xenofoba o filopatriottica.
Il punto è cercare di capire quali sono le contraddizioni che minano alla base qualsiasi idea di sviluppo (sia economico che culturale) che prova ad insediarsi nella nostra comunità.
Certo uno strumento ancor più utile sarebbe provare a promuovere una circolazione di idee, su carta stampata, nella collettività locale. Senza dubbio sarebbe una iniziativa interessante, immune ai malumori della piazza o agli sguardi severi di potenti e mafiosi, che troppo spesso con una sola occhiata sembra che dicano "ora stai parrannu assai". Già qualche mese fa in seno all’ ideazione di un’associazione antimafia si era parlato di un foglio che analizzasse i mali e i pregi del posto, ma fu tutto un aborto spontaneo, e me ne assumo in prima persona le colpe. Senza dubbio non è mai troppo tardi per iniziare. L’ unica risorsa necessaria è l’ entusiasmo. In quanto giovani dovremmo manifestarci come portatori sani di questa risorsa, ma non si capisce come e non si capisce perché, troppi sono i timori, le indifferenze, le timidezze e le ingenuità che caratterizzano la gioventù del posto… e il discorso sembra sempre ritornare sull’ assioma di base: elezioni, associazioni, voglia di potere o bisogno di cambiamento, uscire alla visibilità e schierarsi all’ ultimo momento o voglia di spendersi sempre e costantemente per estinguere i mali della nostra piccola società…
Tutto ciò mi porta a pensare che prima di rifletter sui cambiamenti che vogliamo apportare alla nostra piccola comunità dovremmo fare i conti con i cambiamenti che dovremmo apportare innanzitutto alle nostre coscienze.
“Sii il cambiamento che vorresti avvenire nel mondo”diceva Mohandas Karamchard Gandhi.
“Sii il cambiamento che vorresti avvenire nel Mojo” direbbe il sottoscritto.

peppe b ha detto...

X Saro
Comunque la frase ad effetto era :
“Sii il cambiamento che vorresti vedere avvenire nel mondo”diceva Mohandas Karamchard Gandhi.
“Sii il cambiamento che vorresti vedere avvenire nel Mojo” direbbe il sottoscritto.
Se me la correggi in maniera molto paracula ti devo un favore.

Anonimo ha detto...

peppe b ha scritto:

L’ unica risorsa necessaria è l’ entusiasmo. In quanto

giovani dovremmo manifestarci come portatori sani di

questa risorsa, ma non si capisce come e non si capisce

perché, troppi sono i timori, le indifferenze, le

timidezze e le ingenuità che caratterizzano la gioventù

del posto… e il discorso sembra sempre ritornare sull’

assioma di base: elezioni, associazioni, voglia di

potere o bisogno di cambiamento, uscire alla visibilità

e schierarsi all’ ultimo momento o voglia di spendersi

sempre e costantemente per estinguere i mali della

nostra piccola società…

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la massa è quasi sempre inerme ed ha la necessità di avere un capo e intimamente lo cerca; la massa parla, discute, fa progetti di castelli sulla sabbia.
Ogni tribù o gruppo di persone ha un capo carismatico che ha il dovere morale di farsi carico delle esigenze della comunità, egli sente dentro di sè una spinta
primordiale a condurre, a primeggiare non per interessi
personali...
farsi intimorire dagli sguardi di chi rema contro dev'essere l'ultima delle paure perchè questi elementi indegni, cambieranno bandiera quando il capo carismatico realizzerà il suo progetto!
chi è destinato al comando non deve avere frettoloso, deve essere semplicemente spietato e paranoico nel proporre ed imporre le proprie idee che devono essere sempre concrete! deve guardare dritto negli occhi e nel cuore della propria gente perchè la gente lo vuole...deve solo riconoscerlo e consacrarlo!

molay ha detto...

@ francesco: forse non a caso si parla sempre meno di nascosto dell'avvento dell'Uomo forte per trarre il bandolo di una matassa sempre più intricata. Un novello deus ex machina che, come nelle commedie di Plauto, sistemi le cose altrimenti destinate a scadere nel caos più totale. La gente, infatti, è felice e contenta quando viene presa per mano.
@ peppe b: la frase va bene così, non la correggo, anzi la sottoscrivo.

Anonimo ha detto...

l'uomo forte, il novello deus è nell'immaginario delle folle, è una sorta di nuovo messia che dovrebbe accollarsi le sorti e i peccati delle generazioni perdenti che oggi, distratte
dal logorio della vita moderna, non sanno che carciofo preferire (ernesto calindri con il suo Cynar aveva le idee più chiare...era il carosello di un tempo per chi era al mondo), se dovessimo aspettare quest'uomo-dio sarebbe meglio assumere il ruolo di profeti ed indicare i "segni" dell'avvento gioioso al popolo, ma così non sarà - la purificazione è già in atto e non finirà presto! agli uomini di buona volontà non resta che rabbocarsi le maniche ORA, pena la perdizione - i giovani predestinati non aspettino ad agire, ogni anno che passa va a favore del nemico che vi allude con le sue fantomatiche promesse.

Pippo Currenti ha detto...

Ciao ragazzi, mi congratulo con l'iniziativa del Blog, è sempre un bene che si aprano degli spazi di discussione, anche se, questo, potrebbe essere considerato troppo elitario.
Cambiare Mojo (Noio, Muoio o come cavolo vogliamo chiamarlo) è un'impresa (disperata?) nel quale tutti ci siamo (nel tempo) cimentati. Vista la situazione attuale i risultati non sono certo lusinghieri ma, come dice il buon Aragor ne Il Signore degli Anelli, "la speranza non muore mai", quindi ogni nuovo tentativo, ogni azione che possa dare una scossa all'ambiente, è oltremodo benvenuta e apprezzata. Per quanto riguarda l'economia moiese mi trovo (purtroppo) d'accordo con molay quando dice che "ora si tratta di svegliare un morto". A questo punto penso che sarebbe meglio cambiare completamente il tipo di coltura eliminando le drupacee (pesco, susino, albicocco, mandorlo e ciliegio)che ormai si sono eccessivamente indebolite ed infettate per passare a qualcosa che ci permetta di "rinaturalizzare" i nostri terreni. Penso ai tanti tipi di frutta che si stanno estinguendo proprio per l'eccessiva diffusione di monocolture. Naturalmente questa semplice idea andrebbe approfondita, progettata e condotta secondo i criteri della "buona intrapresa", evitando come la peste pressappochismo e approssimazione. Sono infatti convinto che si possa fare buona impresa pur rispettando i principi di eticità, di sviluppo sostenibile e di recupero ambientale. Non pensate che sia una fuga in avanti, invece di ritrovarci sempre a inseguire, come è successo con le pesche, potremmo fare per tempo cose che il mercato ci costringerebbe comunque a fare.
Diamoci una mossa.
Pippo C.