Querele contro i giornalisti: istruzioni per l’uso…
La nostra solidarietà al collega Michele La Rosa, denunciato per “diffamazione” sol perché in un suo articolo ha “osato” criticare l’operato di un ente comprensoriale della Valle dell’Alcantara che, evidentemente, si ritiene “intoccabile”...
Strutture di sviluppo che non riescono ad assolvere ai loro compiti istituzionali, limitandosi solo a creare occasioni occupazionali precarie dispensando incarichi a professionisti (o presunti tali…) nelle grazie del politico di turno e ad “accogliere” personale già impiegato in altri enti, senza produrre alcun dignitoso posto di lavoro in più. Valutazioni “critiche”, queste, che sono sulla bocca di tutti (per ascoltarle basta uscire in piazza o andare al bar), ma se un giornalista se ne fa “doverosamente” interprete riportandole garbatamente in un articolo… apriti cielo! Scatta subito il meccanismo “perverso” della querela per diffamazione, ovvero l’“arma” che il Codice Penale mette a disposizione per punire chi offende l’altrui reputazione.
Ma quale “reputazione” e di chi il collega giornalista Michele La Rosaavrebbe “offeso” nell’articolo a sua firma pubblicato da un quotidiano regionale l’1 aprile del 2010 e riguardante un noto ente pubblico comprensoriale avente sede nella Valle dell’Alcantara? Eppure, nei giorni scorsi, la Procura della Repubblica di Catania ha notificato a La Rosa un avviso di garanzia “per avere offeso la reputazione” dell’ennesimo dirigente provvisorio del suddetto ente; e sì…: perché, a quasi dieci anni dalla sua istituzione, tale “agenzia” è ancora priva di un Consiglio d’Amministrazione, per cui va avanti a “colpi” di gestioni commissariali disposte “d’imperio” dalla Regione Siciliana, e quella del commissario “offeso nella reputazione” è già terminata da un paio di mesi (al suo posto c’è attualmente un altro funzionario inviato da Palermo).
In ogni caso, al di là della “transitorietà” della persona sentitasi “offesa” e senza voler indossare i panni degli avvocati d’ufficio, basta affidarsi ad un comune vocabolario, a qualche fondamentale norma di legge ed ai pronunciamenti giurisprudenziali in materia di diffamazione per ragionevolmente ipotizzare che tutto si risolverà nella classica “bolla di sapone” (preceduta, però, da inutili spese per notificare gli atti processuali, da magistrati cui tocca sottrarre tempo a procedimenti più importanti e da “rogne” varie per l’amico giornalista La Rosa, costretto a munirsi di un avvocato ed a sobbarcarsi qualche viaggio alla volta della Procura etnea).
Riguardo al vocabolario, da esso apprendiamo che il termine “reputazione” attiene alla considerazione ed alla stima di cui un soggetto gode nella società; francamente, dunque, la critica che il giornalista querelato ha mosso ad un generalizzato andazzo di cose che investe, purtroppo, un po’ tutte le pubbliche istituzioni italiane e siciliane (incarichi solo a determinate persone perché – legittimamente, per carità! – ritenute “professionisti di fiducia”, scarsa incidenza degli enti pubblici nella risoluzione dei problemi della società, ecc.) non crediamo che possa aver minimamente intaccato la “reputazione” di un funzionario, sia pur momentaneamente responsabile dell’organismo oggetto della critica a mezzo stampa.
Bisogna, poi, tener conto del diritto di cronaca e di critica che la Costituzione Italiana, all’articolo 21, sancisce con particolare riferimento all’attività giornalistica. Quando tale norma recita che “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione”, basta intendersi su come interpretare l’avverbio “liberamente”; e qui è illuminante la giurisprudenza, ossia l’insieme delle sentenze pronunciate dai giudici nel corso degli anni (i cosiddetti “precedenti”) in presenza di casi di diffamazione a mezzo stampa. E da tutte queste sentenze si evince che le notizie devono presentare un interesse pubblico, corrispondere a verità ed essere riportate in maniera serena, ossia senza utilizzare espressioni e toni offensivi e volgari. Ebbene: nel caso di specie la notizia era di interesse pubblico in quanto non riguardava la gestione di un condominio, bensì un’istituzione chiamata a curare, utilizzando soldi pubblici, determinati interessi della collettività; corrispondeva al vero in quanto l’ente in questione è ancora privo di un Consiglio d’Amministrazione democraticamente nominato e si avvale di personale transitato da altri enti nonché di consulenze affidate a professionisti esterni; il tutto, infine, è stato espresso in maniera serena, senza cioè sferrare attacchi personali a chicchessia per infangarne – e qui torniamo alla “parolina magica” – la cosiddetta “reputazione”.
Alla luce di tali considerazioni, il collega Michele La Rosa, validissimo giornalista proveniente dal Comune di Mojo Alcantara ed al quale va tutta la nostra solidarietà, non ci pare possa essersi macchiato del reato di diffamazione: la querela che ha ricevuto è il solito “spauracchio” agitato da chi si reputa “intoccabile” ed “usa” i giornalisti solo per comunicarci “belle notizie” o “commissionarci” servizi elogiativi(senza, peraltro, minimamente curarsi di dotare il proprio ente di un ufficio stampa, ma affidando comunicati e dichiarazioni a... ragionieri e geometri, deputati a svolgere tutt’altre mansioni).
Si dovrebbe, però, sapere che i giornali (e gli organi d’informazione in genere) sono una “finestra” sulla realtà, fatta non solo di “dotti” convegni, piacevoli eventi artistico-culturali, luoghi ameni e delizie enogastronomiche, ma anche - purtroppo - di problemi e disfunzioni che un giornalista ha il diritto ed il dovere di trattare, senza che nessuno si senta “offeso”…
Prima di minacciare o sporgere querela sarebbe, dunque, opportuno “frenare gli istinti” ed “azionare il cervello e l`intelletto” onde accertarsi se sussistano i requisiti di legge affinché tale strumento di difesa possa produrre effetti...
RODOLFO AMODEO
1 commento:
Bel blog
Ilaria Tatò
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